CARCERI


CASA CIRCONDARIALE - INVITO DAL SERD

L’Associazione Gamanon partecipa con l’associazione Giocatori Anonimi. Una quindicina di persone con dipendenze da gioco, alcool e sostanze. Varie tipologie di età. Come suggerito dalla esperienza di un membro gamanon, che aveva fatto pubblica informazione in un carcere di un’altra città, ho insistito sul concetto di “malattia emozionale”. Mi è sembrato che i detenuti non avessero la consapevolezza che non si tratta di vizio. Alcune loro domande vertevano proprio sul sostenere che la loro dipendenza era frutto solamente della loro volontà, era una situazione che “me la sono cercata”. Mi sono state poste domande sulla relazione famigliare-giocatore, sul come si vedono tra loro i nostri gruppi di dipendenti e famigliari, uno ha chiesto se poteva far intervenire la moglie vista la necessità del cambiamento proposto ai famigliari dal Programma dei 12 passi. Un detenuto ha riassunto il nostro percorso gamanon come la ricerca di una vita migliore. Da parte mia, molta cura ed attenzione durante la mia testimonianza nel cercare di trovare parole ed atteggiamenti liberi da ogni possibile critica e giudizio sul giocatore compulsivo, nel sottolineare che l’oggi è il tempo giusto per incominciare la rinascita, che il coraggio della consapevolezza, il cercare aiuto, l’agire senza delegare sono gli strumenti necessari per un giorno alla volta. Ed ognuno di noi coi suoi tempi ed i suoi modi. Siamo diversi tra noi ma tutti uguali nel problema. Ho partecipato con molta emozione e sensibilità, è stata la prima volta che sono entrata in una struttura di reclusione.

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La presenza dei famigliari con le loro testimonianze al carcere rende possibile la visione della malattia della dipendenza “dall’altra parte”, non sempre recepita e può dare stimoli nuovi che fanno molto riflettere. Entrambe le parti… Lo scopo della nostra associazione lascia incuriositi la maggior parte dei detenuti, pone dei dubbi, mi hanno guardato con occhi strani e increduli quando ho testimoniato il difficile percorso che un famigliare, che ha deciso di convivere con il problema della dipendenza, qualunque essa sia, intraprende per avere dapprima la consapevolezza della situazione e poi per avere un percorso di 12 passi per raggiungere e difendere la serenità del giorno alla volta. Dovrà lasciar andare la rabbia, il risentimento, la paura, l’autocommiserazione, guardare a fondo dentro di sé ed essere disposto ad un cambiamento di atteggiamenti e reazioni… Basta con l’amarezza che ha reso ingestibile la vita… “Certo che hai coraggio a dirci queste cose” “ Io non mi sono mai accorto del malessere e della tristezza di mia mamma, vedevo solo la rabbia” “Io non ho mai fatto capire niente ai miei, loro non si preoccupano” E poi tante domande… E quando ho detto che anche il famigliare ha delle ricadute mi hanno guardato con occhi sgranati. Io guardavo loro con occhi di attenzione per la loro situazione in carcere, i più giovani fanno fatica a sentirsi dentro il problema, uno dei detenuti mi ha chiesto come potrebbe aiutare i suoi famigliari, che non hanno più fiducia in lui, che non riescono a vedere i suoi cambiamenti, che sono sempre tristi ed arrabbiati. Un altro: ”La mia paura è quando sarò fuori, qui in carcere non posso ricadere nella mia dipendenza, come farò se nemmeno i miei famigliari sanno che ho una malattia ed io non mi sento forte” Questo dodicesimo passo mi coinvolge molto, è vero che riesco a portare a casa nuove riflessioni, scopro mie nuove fragilità, sono consapevole che ho ancora varie maschere che, continuo a pensare, servano per la mia sopravvivenza, cuore aperto e onesto insieme ad una visione più libera mi danno la possibilità di riempire altri vuoti anche con le testimonianze dei detenuti . Il quarto passo è il primo mattone di una costruzione nuova. L’impatto con le strutture carcerarie è stato, la prima volta, di inadeguatezza-pauravergogna- diffidenza. Mi concentravo su quello che potevo significare lì, quali parole usare per far capire che davvero si può controllare e migliorare la situazione, insomma ero ancora io a fare e dire ed essere … Ho visto ed ho ascoltato. Poi ho dato la mia disponibilità e sono stata accolta altre volte tra altre sbarre. Una volta fuori, l’emozione e la scoperta di avere patito, condiviso, imparato, consapevole di aver portato un messaggio di speranza e forza nella ricerca per un nuovo e possibile modo sano di vivere. Gratitudine gamanon

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Oltre la porta d'ingresso , lunghi corridoi, scale, volti, sguardi. L' ultima serratura si apre . 9 dicembre 2021, h 10.45 , sono al quarto piano del carcere di S. Vittore. Io, proprio io, G., Gamanon, ormai da 5 anni, compagna di un giocatore. Cosa posso dire io a questi uomini? Non sono brava a parlare, non ho preparato nulla, ma il loro ascolto, il loro silenzio , mi riporta nelle stanze, nelle stanze Gamanon, in cui ho tanto pianto, in cui ho sperato, in cui, nonostante le mie parole, sono stata accolta, sempre. É stata un' esperienza che mi ha donato moltissimo, mi ha ricordato quanto l'ascolto sia arricchente, mi ha permesso di essere me stessa, con le mie fragilità e le mie paure, mi ha ricordato di quanto possiamo distruggere noi stessi senza mai dimenticare che ci si può ricostruire sempre, migliori, più intensi e con più noi da donare. Grazie alle stanze Gamanon e Ga per avermi fatta credere, quando tutto era perduto, grazie per questa famiglia, che va oltre limiti, restrizioni, tempo e geografia e grazie a tutti idetenuti della Nave per le emozioni e l' ascolto che mi hanno donato. Estremamente grata.

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Incontro in Carcere Erano presenti aII'incontro due G.A. e circa 40 detenuti, con dipendenze di gioco, di alcol e di altre sostanze. Un G.A. ha presentato I’altro G.A. poi me, familiare Gamanon e mi ha dato la parola. Ho iniziato presentando l’Associazione dei familiari Gam-Anon e poi ho fatto la mia testimonianza. Ho detto loro che il gioco d’azzardo non é un vizio ma una malattia. II familiare viene colpito dalla stessa malattia emozionale che causa notti insonni, preoccupazioni per i debiti, depressione. Entrando nel gruppo Gam-Anon ho imparato a difendermi dalla malattia seguendo i suggerimenti dei 12 Passi, mettendo paletti al giocatore, ovvero, niente bancomat, pochi spiccioli giornalieri nelle tasche, dividere i conti in banca, bollette di qualsiasi genere, pagate solo da me, familiare. Ho imparato a rapportarmi in modo giusto con il mio giocatore come un mio pari, piuttosto che come una “madre” e ho imparato a non controllare, in quanto il familiare é impotente di fronte al gioco, perché, ovunque, si trovano gratta e vinci, slot machine, gioco on line. Con il Programma dei 12 Passi, son riuscita a fare mia l'impotenza dal gioco, e da allora, ho iniziato a distaccarmi e lasciar andare il mio giocatore (la nostra letteratura dice questo) ed ho sentito che una serenità nuova e benevola mi ha dato la speranza e il coraggio di continuare a percorrere il cammino che avevo intrapreso con il mio gruppo di familiari Gam-Anon. La cosa incredibile é stata la scoperta di me stessa, e che il potere che potevo esercitare era solo su di me (percorso non facile). I detenuti mi hanno fatto varie domande, Ie più frequenti erano quasi di rimprovero: ma se al giocatore si mettono i paletti, se ha pochi soldi in tasca, ma come vive quella persona?! Un altro detenuto mi ha detto che una mamma e una figlia giocano, che cosa poteva suggerirle per impedirglielo? Alle più volte e ripetute loro domande ho risposto che il gioco é una malattia e i paletti sono strumenti necessari per cominciare a fermare la dipendenza dal gioco. Dare soldi al giocatore, pagare i suoi debiti, vuol dire che il familiare non fa il suo bene, ma mantiene viva la malattia, e il familiare gioca allo stesso modo del giocatore. Per quanto riguarda il problema delle due giocatrici, il detenuto mi ha detto che Ie due donne vivono in una città della Sicilia e un G.A. ha aggiunto che in quella città non esiste nessun gruppo di G.A. Ho consigliato per Ie due donne l’uso del telefono, come strumento di primo aiuto, e che si rivolgano al SERD. Ho aggiunto inoltre, che se il giocatore cerca aiuto é un segnale positivo, significa che é sulla strada giusta di voler cambiare. Tale segnale va colto da chi vive o é vicino al giocatore, aiutandolo, con gli strumenti necessari per uscire dalla solitudine e daII’ossessione della dipendenza: parlare e confrontarsi con chi ha il tuo stesso problema; scrivere i sentimenti positivi e quelli negativi che tormentano e travagliano i pensieri e che non fanno prendere sonno; frequentare i gruppi dei G.A.; leggere la letteratura; farsi aiutare dai servizi sociali. La mia testimonianza ai detenuti del carcere mi ha segnata dentro, é stata una giornata particolare, unica e irripetibile. Ho ricevuto amore e comprensione da loro e li ho ricambiati, come sono stata capace di fare. II cammino di questo Programma non é facile, talvolta é accidentato, altre volte é piacevole, ma sempre difficile. II mio cambiamento é come se fossi entrata in un labirinto di emozioni e di sensazioni, in cui il mio animo si perde, e poi miracolosamente si ritrova. E’ il cammino che ho scelto per vivere e cambiare grazie a Gamanon.